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Maria Montessori in casa famiglia

Maria Montessori diceva: “Questo è il nostro dovere di educatori: gettare un raggio di luce e proseguire il nostro cammino”.

Ritengo che non ci possa essere una definizione migliore e più calzante per indicare in maniera chiara e sintetica il lavoro di educatore in casa famiglia. Il percorso che spinge la maggior parte delle persone ad intraprendere la strada del sociale, non è mai un percorso avulso da valori quali la condivisione, l'empatia, l'ascolto, l'accoglienza, tuttavia è estremamente importante che si sappia collocare nel giusto spazio questi valori, in modo tale da non ritrovarsi ad essere schiavi di essi e dunque spesso cedere al bisogno di appagamento, attraverso il lavoro che si fa. Le persone che accedono alle case famiglia della Cooperativa Chicco di grano sono donne sole, con figli a carico, spesso prive di sostegno familiare, private di quella rete sociale che nei nostri tempi permette di prevenire gran parte del disagio della nostra società. Il lavoro dell'educatore in casa famiglia, ripercorre e tocca, dunque, sul piano emotivo e personale molti aspetti importanti: l'essere figli, l'essere genitori, l'essere compagni/e. Questi aspetti risuonano ogni giorno come una “danza” tra l'educatore e le ospiti, nonché tra l'educatore ed i bambini, necessitando di una chiara cornice, che permetta a questa danza di muoversi in un contesto, però, protetto e tutelante. Il lavoro personale, per un educatore, non può perciò essere dato per scontato: gli strumenti che utilizza sono la relazione, la sua persona, l'esserci qui ed ora per chi ha bisogno di un aiuto. Questo esserci, tuttavia, non deve mai essere una risposta satura cioè che chiude, al contrario deve sempre essere generativo di nuove prospettive, di nuove opportunità, di nuovi modi di vivere e viversi, che in casa famiglia si possono sperimentare in forma protetta per poi gradualmente farlo in autonomia, una volta fuori. Il lavoro quotidiano dell'educatore è per questo un raggio di luce che viene gettato per poi proseguire il cammino. Il nostro modello educativo che condividiamo nelle case famiglia si ispira al pensiero di Maria Montessori secondo cui la relazione d'aiuto non deve trasformarsi in relazione di dipendenza: “Il più grande segno di successo per un insegnante è poter dire: i bambini stanno lavorando come se io non esistessi”. La grande sfida è riuscire a rendersi utili senza mai rendersi realmente necessari ed indispensabili, cercando di valorizzare il cammino che si sta intraprendendo con quelle persone, senza mai dare per scontato che sarà così per sempre. In casa famiglia, il lavoro sulle routine permette che si acquisiscano gradualmente tutta una serie di abilità di base che poi, sia per le madri che per i bambini, potranno essere una sorta di “kit” utilizzato all'occorrenza, una volta fuori dalla struttura. Inoltre le routine consentono la creazione di un ambiente percepito come sicuro, in quanto prevedibile, sia per la mamma che per il bambino, e per questo più sereno da vivere. “Chi non comprende che insegnare a un bambino a mangiare, a lavarsi, a vestirsi, è lavoro ben più lungo, difficile, e paziente che imboccarlo, lavarlo, vestirlo. Tutto quanto è aiuto inutile, è impedimento allo sviluppo delle forze naturali”: l'ottica con la quale un educatore lavora in casa famiglia, dunque, è quella di essere un ponte tra l'individuo ed il resto del mondo, mai sostituendosi alla madre nella gestione dei figli e sempre accompagnando queste persone, nella più grande sfida che si possa compiere che è quella di riappropriarsi della propria vita, in una maniera più completa e funzionale possibile.

Dr.ssa Elisabetta Giuli

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